Riflettendo sul pomodoro SOLE NERO (l’elisir di lunga vita) mentre il Salento brucia
di Antonio Bruno*
Avere finalmente la possibilità di combattere l’invecchiamento con un bel pomodoro.
La ricerca Italiana, quella bistrattata, quella che non è finanziata e che sopravvive tra mille inquietudini e difficoltà ha trovato il prodotto che combatte l’invecchiamento, ha ottenuto con il vecchio metodo dell’incrocio e della selezione una varietà che ha voluto chiamare “Sun Black” che tutti ormai sappiamo significa SOLE NERO.
E’ suggestivo pensare che ricercatori italiani che lavorano ogni giorno per l’agricoltura scoprano un nuovo prodotto che le grandi catene della distribuzione utilizzeranno e con cui si potranno arricchire. E’ curioso che chi si arricchirà grazie a questa scoperta non abbia alcun obbligo di mettere loro soldi privati nella ricerca.
E’ paradossale prendere atto che la Slovenia investe nella ricerca il 20% in più rispetto a quello che investe l’Italia con la non insignificante circostanza che la Slovenia ha 3 milioni di abitanti rispetto ai 50 milioni di abitanti dell’Italia.
Se la spesa in ricerca per la Slovenia fosse di 120 milioni di euro con 3 milioni di abitanti si spenderebbero in ricerca scientifica 40 euro ad abitante mentre l’Italia avrebbe una spesa di 100 milioni di euro e quindi in Italia si spenderebbero 2 euro per abitante.
In pratica la piccola Slovenia spende nella ricerca scientifica 20 volte quanto spende la popolosa e grande Italia.
E’ inutile nasconderselo la grande distribuzione stabilisce come e cosa vendere, e di fatto ci impone cosa acquistare. La grande distribuzione prende prodotti da tutte le parerti del mondo, ciliege dal Cile, angurie dal Madagascar e peperoni dall’India per sbatterli sul bancone e propinarli a noi consumatori.
Ma la ricerca italiana continua a lavorare per il mondo agricolo italiano che su quei banconi c’è sempre con meno frequenza. Seppure il costo di produzione italiano è elevato per trasportare una tonnellata di ciliegie dal Cile in Italia o in Europa quanta energia ci vuole? Quanti scarichi si materiali inquinanti ci vogliono? Ma la Grande distribuzione obbedisce al mercato, da al mercato quello che il mercato vuole. La ricerca italiana ottiene i Sun Black da quel poco di danaro pubblico che lo stato riserva alla ricerca e la distribuzione ne trarrà profitto.
Spero solo che si costituisca il club del prodotto Sun Black e che questo monopolio rappresenti la ricchezza degli agricoltori italiani che aderiranno a quel consorzio.
Bisogna proteggere la produzione anche attraverso un copyright che consenta agli agricoltori del consorzio di vendere bene e di reinvestire nell’impresa agricola e quindi anche in ricerca.
Tanto tu che mi leggi mi dirai che la cosa è poco importante, che l’agricoltura riguarda gli agricoltori, quelli che hanno la terra.
Ma in questi giorni avete guardato le campagne del paesaggio agrario salentino? Gli incendi che hanno distrutto centinaia di alberi di olivo. L’oliveto è l’unico bosco rimasto nel Salento. L’olivo nei millenni scorsi dopo l’arrivo dei Romani, ha rubato il posto alla Quercia, al Leccio, alla Lizza che aveva invaso tutto il nostro territorio, e l’energia che la foresta di Quercia forniva sotto forma di legna, fu sostituita dalla legna della potatura di questi alberi di olivo altissimi che lasciavano cadere le preziose drupe per terra perchè non serviva fossero raccolte dall’albero tanto l’olio lampante serviva appunto ad illuminare tutta Europa e i proventi di quel commercio hanno prodotto il barocco leccese che è sotto gli occhi di tutti con il suo fraseggio scintillante e sfavillante pieno di sfarzo eccessivo e sovrabbondante.
Il Salento era l’Arabia Saudita del 1600, forniva l’energia per l’illuminazione in tutta Europa, il porto di Gallipoli ospitava navi di grande stazza che caricavano e partivano per i porti del Nord Europa cariche di olio e di quant’altro proveniva dalle nostre ricche terre. Era fiorente il commercio e i vari sedili di foggia Veneziana testimoniano a Lecce e a Nardò la discesa di quei mercanti che per fare affari si trasferirono in quel tempo nella nostra terra.
Adesso queste persone vengono da tutta Europa per visitare quello che può definirsi “IL MUSEO DIFFUSO E L’ALBERGO DIFFUSO SALENTU LU SULE LU MARE LU IENTU”.
Ma adesso che un litro d’olio lampante (la maggior parte della nostra produzione) costa quanto un litro di gasolio cosa fanno gli agricoltori? Trascurano la coltivazione dell’oliveto, non sono tempestivi nel togliere le erbacce e fiorenti masserie sono divenute ruderi circondati dai residui dell’incendio che le rende simili a un territorio di guerra incendiato dai conquistatori.
L’oliveto non può essere sostituito se non dopo un’autorizzazione rilasciata dall’Assessorato dell’Agricoltura della Puglia, l’oliveto non ha più la stessa capacità produttiva di un tempo ma è una foresta, l’unica foresta che il Salento possiede e che funziona proteggendo il Suolo ed evitando danni immani da rischio idrogeologico (si chiama così il rischio delle alluvioni).
Ma fare le lavorazioni per togliere le erbe secche ed evitare di avere la propagazione degli incendi ha un costo e gli agricoltori che non riescono più a vendere quel prodotto non hanno alcuna intenzione di sborsare dei soldi che non gli verranno mai restituiti dalla terra, la madre terra che nei millenni passati ha nutrito e curato le generazioni che ci hanno preceduti.
Servono soldi che provengano dalle attività che producono risorse utilizzando il territorio. “IL MUSEO DIFFUSO E L’ALBERGO DIFFUSO SALENTU LU SULE LU MARE LU IENTU” deve mettere mano al portafoglio e finanziare la foresta oliveto perché se il turista troverà, tra un paese e l’altro del Salento, un territorio bruciato con delle rovine anch’esse bruciate non verrà mai più.
Il pomodoro Sun Black SOLE NERO porterà ricchezza al Salento considerato anche che nel team di ricercatori é impegnato un giovane dottorando leccese Giovanni Povero, l’ha promesso lui in un intervista al Quotidiano di Lecce. Questo fatto potrebbe comportare una rivitalizzazione delle imprese agricole del Salento che se aderissero a un club di prodotto potrebbero avere l’esclusiva della produzione e non subire la concorrenza con la conseguenza di un buon reddito paragonabile a quello dei Siciliani di Pachino (molti ancora oggi sono convinti che i pachino siano prodotti in Cina e specificamente nella Capitale PECHINO).
Se l’impresa agricola del Salento diverrà economica raddoppiando nel prossimo quinquennio la produzione di ricchezza (passando dall’oderno 2,5% del PIL Prodotto Interno Lordo del Salento al 6%) allora le foreste d’olivo potranno essere finanziate da questa ricchezza. Se ciò non avverrà allora dovremmo pensare seriamente di far rientrare gli oliveti nel demanio forestale dello stato.
*Dottore Agronomo (Esperto in diagnostica urbana e territoriale titolo Universitario International Master’s Degree IMD in Diagnostica Urbana e territoriale Urban and Territorial Diagnostics).
dott. Agr. Antonio BRUNO
Esperto in Diagnostica Urbana e Territoriale
Via Vittorio Emanuele III, n° 160
73016 SAN CESARIO DI LECCE
TEL 0832200708
Cell. 3398853904
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Avere finalmente la possibilità di combattere l’invecchiamento con un bel pomodoro.
La ricerca Italiana, quella bistrattata, quella che non è finanziata e che sopravvive tra mille inquietudini e difficoltà ha trovato il prodotto che combatte l’invecchiamento, ha ottenuto con il vecchio metodo dell’incrocio e della selezione una varietà che ha voluto chiamare “Sun Black” che tutti ormai sappiamo significa SOLE NERO.
E’ suggestivo pensare che ricercatori italiani che lavorano ogni giorno per l’agricoltura scoprano un nuovo prodotto che le grandi catene della distribuzione utilizzeranno e con cui si potranno arricchire. E’ curioso che chi si arricchirà grazie a questa scoperta non abbia alcun obbligo di mettere loro soldi privati nella ricerca.
E’ paradossale prendere atto che la Slovenia investe nella ricerca il 20% in più rispetto a quello che investe l’Italia con la non insignificante circostanza che la Slovenia ha 3 milioni di abitanti rispetto ai 50 milioni di abitanti dell’Italia.
Se la spesa in ricerca per la Slovenia fosse di 120 milioni di euro con 3 milioni di abitanti si spenderebbero in ricerca scientifica 40 euro ad abitante mentre l’Italia avrebbe una spesa di 100 milioni di euro e quindi in Italia si spenderebbero 2 euro per abitante.
In pratica la piccola Slovenia spende nella ricerca scientifica 20 volte quanto spende la popolosa e grande Italia.
E’ inutile nasconderselo la grande distribuzione stabilisce come e cosa vendere, e di fatto ci impone cosa acquistare. La grande distribuzione prende prodotti da tutte le parerti del mondo, ciliege dal Cile, angurie dal Madagascar e peperoni dall’India per sbatterli sul bancone e propinarli a noi consumatori.
Ma la ricerca italiana continua a lavorare per il mondo agricolo italiano che su quei banconi c’è sempre con meno frequenza. Seppure il costo di produzione italiano è elevato per trasportare una tonnellata di ciliegie dal Cile in Italia o in Europa quanta energia ci vuole? Quanti scarichi si materiali inquinanti ci vogliono? Ma la Grande distribuzione obbedisce al mercato, da al mercato quello che il mercato vuole. La ricerca italiana ottiene i Sun Black da quel poco di danaro pubblico che lo stato riserva alla ricerca e la distribuzione ne trarrà profitto.
Spero solo che si costituisca il club del prodotto Sun Black e che questo monopolio rappresenti la ricchezza degli agricoltori italiani che aderiranno a quel consorzio.
Bisogna proteggere la produzione anche attraverso un copyright che consenta agli agricoltori del consorzio di vendere bene e di reinvestire nell’impresa agricola e quindi anche in ricerca.
Tanto tu che mi leggi mi dirai che la cosa è poco importante, che l’agricoltura riguarda gli agricoltori, quelli che hanno la terra.
Ma in questi giorni avete guardato le campagne del paesaggio agrario salentino? Gli incendi che hanno distrutto centinaia di alberi di olivo. L’oliveto è l’unico bosco rimasto nel Salento. L’olivo nei millenni scorsi dopo l’arrivo dei Romani, ha rubato il posto alla Quercia, al Leccio, alla Lizza che aveva invaso tutto il nostro territorio, e l’energia che la foresta di Quercia forniva sotto forma di legna, fu sostituita dalla legna della potatura di questi alberi di olivo altissimi che lasciavano cadere le preziose drupe per terra perchè non serviva fossero raccolte dall’albero tanto l’olio lampante serviva appunto ad illuminare tutta Europa e i proventi di quel commercio hanno prodotto il barocco leccese che è sotto gli occhi di tutti con il suo fraseggio scintillante e sfavillante pieno di sfarzo eccessivo e sovrabbondante.
Il Salento era l’Arabia Saudita del 1600, forniva l’energia per l’illuminazione in tutta Europa, il porto di Gallipoli ospitava navi di grande stazza che caricavano e partivano per i porti del Nord Europa cariche di olio e di quant’altro proveniva dalle nostre ricche terre. Era fiorente il commercio e i vari sedili di foggia Veneziana testimoniano a Lecce e a Nardò la discesa di quei mercanti che per fare affari si trasferirono in quel tempo nella nostra terra.
Adesso queste persone vengono da tutta Europa per visitare quello che può definirsi “IL MUSEO DIFFUSO E L’ALBERGO DIFFUSO SALENTU LU SULE LU MARE LU IENTU”.
Ma adesso che un litro d’olio lampante (la maggior parte della nostra produzione) costa quanto un litro di gasolio cosa fanno gli agricoltori? Trascurano la coltivazione dell’oliveto, non sono tempestivi nel togliere le erbacce e fiorenti masserie sono divenute ruderi circondati dai residui dell’incendio che le rende simili a un territorio di guerra incendiato dai conquistatori.
L’oliveto non può essere sostituito se non dopo un’autorizzazione rilasciata dall’Assessorato dell’Agricoltura della Puglia, l’oliveto non ha più la stessa capacità produttiva di un tempo ma è una foresta, l’unica foresta che il Salento possiede e che funziona proteggendo il Suolo ed evitando danni immani da rischio idrogeologico (si chiama così il rischio delle alluvioni).
Ma fare le lavorazioni per togliere le erbe secche ed evitare di avere la propagazione degli incendi ha un costo e gli agricoltori che non riescono più a vendere quel prodotto non hanno alcuna intenzione di sborsare dei soldi che non gli verranno mai restituiti dalla terra, la madre terra che nei millenni passati ha nutrito e curato le generazioni che ci hanno preceduti.
Servono soldi che provengano dalle attività che producono risorse utilizzando il territorio. “IL MUSEO DIFFUSO E L’ALBERGO DIFFUSO SALENTU LU SULE LU MARE LU IENTU” deve mettere mano al portafoglio e finanziare la foresta oliveto perché se il turista troverà, tra un paese e l’altro del Salento, un territorio bruciato con delle rovine anch’esse bruciate non verrà mai più.
Il pomodoro Sun Black SOLE NERO porterà ricchezza al Salento considerato anche che nel team di ricercatori é impegnato un giovane dottorando leccese Giovanni Povero, l’ha promesso lui in un intervista al Quotidiano di Lecce. Questo fatto potrebbe comportare una rivitalizzazione delle imprese agricole del Salento che se aderissero a un club di prodotto potrebbero avere l’esclusiva della produzione e non subire la concorrenza con la conseguenza di un buon reddito paragonabile a quello dei Siciliani di Pachino (molti ancora oggi sono convinti che i pachino siano prodotti in Cina e specificamente nella Capitale PECHINO).
Se l’impresa agricola del Salento diverrà economica raddoppiando nel prossimo quinquennio la produzione di ricchezza (passando dall’oderno 2,5% del PIL Prodotto Interno Lordo del Salento al 6%) allora le foreste d’olivo potranno essere finanziate da questa ricchezza. Se ciò non avverrà allora dovremmo pensare seriamente di far rientrare gli oliveti nel demanio forestale dello stato.
*Dottore Agronomo (Esperto in diagnostica urbana e territoriale titolo Universitario International Master’s Degree IMD in Diagnostica Urbana e territoriale Urban and Territorial Diagnostics).
dott. Agr. Antonio BRUNO
Esperto in Diagnostica Urbana e Territoriale
Via Vittorio Emanuele III, n° 160
73016 SAN CESARIO DI LECCE
TEL 0832200708
Cell. 3398853904
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