Ti spunta un fiore in bocca? E’ il fico!
di Antonio Bruno
La mia storia del fico inizia a Calvello in provincia di Potenza quando per le proteste di un mio commilitone tale Giuanluigi Manni da Melissano fui comandato per il campo estivo in questa località sito di demanio militare dove l’Artiglieria Pesante Campale di cui io all’epoca facevo parte, poteva esercitarsi in vista di una non auspicabile quanto improbabile futura guerra.
Di sera in un camion militare un commilitone raccontava di un chicco d’uva che doveva passare un valico. Il valico era difeso da un Fico. Quando il chicco d’uva arriva vicino al valico chiede al fico “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!”. Il chicco d’uva però non vuole sentire ragioni e insiste: “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico più determinato di prima “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!”, ma il chicco d’uva non demorde “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico sempre più arrabbiato “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!” a quel punto il chicco d’uva prende una pistola dalla tasca e spara al Fico!
ABBIAMO TRASMESSO ………..IL FICO SECCO………….. E L’UVA PASSA.
Risi di gusto a questa surreale storiella anche perché sia l’uva che il fico sono alimenti a me cari e vicini geograficamente e, di questi tempi in cui si suggerisce l’acquisto di prodotti che provengono dai campi a noi confinanti, la storiella si riempie di nuova e suggestiva attrattiva.
Negli anni 1940 – 45, quelli della guerra e della adolescenza dei miei genitori pare che l’unità di misura della fame fosse a tasche, perché il cibo si metteva nelle tasche di cortissimi pantaloncini e per placare la fame una tasca piena di fichi secchi bastava (nna pauta te fiche).
Il fico raccolto e messo al sole che lo faceva divenire secco era l’alimento facilmente conservabile nei recipienti di creta (capase) o nei vasi di vetro.
Ma ciò che ricordo è la raccolta dei fichi nella Masseria Pendinello di cui ho già scritto a proposito delle ficalindie.
E stato dall’11° all’8° millennio a.C. ovvero 13.000 anni fa che il fico è stato addomesticato nel Vicino Oriente e sembra essersi diffuso a velocità costante verso occidente. Da noi, in terra di Lecce, il passaggio ad economie agricole è testimoniato dalla presenza nei siti più antichi del Neolitico resti di Corbezzolo, nocciolo, ulivo, fico e vite, anche se allo stato selvatico, che furono oggetto di cure intensive ed esperimenti intensificati.
Rispetto all’origine del mondo 13.000 anni fa è un tempo recentissimo anche se per noi rappresentano un bel po’ di anni.
Il fico ha una bella famiglia qui da noi composta da gelso e more. Si perché fico, gelso e more sono tutti di una stessa famiglia.
Ma nella parentela stretta possiamo distinguere il fico comune (Ficus carica) carica deriva da Caria una regione della Turchia e quello selvatico (Ficus caprificus) che significa fico per le capre.
Il fico poi ha varie varietà che fruttificano una o più volte l’anno e quindi il fico può essere unifero, bifero e trifero.
Il fico Unifero produce solo a agosto settembre sui rami prodotti nella primavera. Il fico Bifero produce in giugno luglio i fioroni dalle gemme dei rami dell’anno precedente e i fichi ad agosto settembre sui rami prodotti nella primavera dell’anno. Il fico Trifero oltre alle prime due produzioni ne aggiunge un’altra ancora più tardiva.
Ma cos’è questo frutto del fico? E’ quel seme che ti capita tra i denti! Come? E quella sostanza deliziosa e zuccherina cos’è? E’ l’infiorescenza! Come una margherita! Il fico è un bel fiore…..in bocca! E se ti spunta un fiore in bocca è il fico!
Anzi: è il siconio del fico.
Si perché questa infruttescenza si chiama siconio e da questa infiorescenza è dipesa la vita di intere generazioni di antichi greci e romani. Era quindi necessaria una produzione abbondante e se vedete i nostri fichi producevano fino a 120 chili di frutti (siconi) ad albero, mentre quelli coltivati in nel nord Europa ne producono molto meno.
“Perché i frutticini di fico possono cadere?” “Bisogna mettere il caprifico in un ficheto per farlo fruttificare?”
Di fatto il fico ha un sistema riproduttivo estremamente complesso e affascinante, grazie anche ad una simbiosi con un imenottero che vive e si riproduce nei frutti di caprifico e sporadicamente va ad impollinare i fichi delle piante di fico domestico.
L'impollinazione delle differenti specie di Ficus è strettamente entomofila (ad opera di insetti e specificamente per il fico da un solo insetto).
Ma la faccenda si complica perché ogni specie ha un imenottero impollinatore specifico (appartenente alla famiglia delle Agaonidae) e quindi è facile intuire che ogni imenottero deposita le sue uova solo nel frutto di una distinta specie di Ficus.
A causa di questa rigida specificità il trapianto di una specie al di fuori del suo areale naturale genera, in assenza dello specifico imenottero impollinatore, esemplari sterili.
E se da uno specifico areale scompare una specie di fico, con essa scompare anche il suo imenottero perché il cui ciclo di sviluppo si svolge completamente all’interno del ricettacolo carnoso del siconio del fico.
Ma vediamo cosa accade il CAPRIFICOquello selvatico (Ficus caprificus) durante l’inverno ha delle infiorescenze che contengono solo fiori femminili abortiti, detti MAMME. In primavera i caprifichi producono altre infiorescenze dette PROFICHI che contengono fiori femminili abortiti e vicino alla parte più esterna dell'infiorescenza dei fiori maschili. Durante l’estate si producono altre infiorescenze dette MAMMONI che contengono fiori femminili sterili, fiori femminili fertili e fiori maschili.
Le forme coltivate del FICOfico comune (Ficus carica) producono invece due soli tipi di infiorescenze: i FIORONI in primavera e i FICHI d’estate che contengono rispettivamente fiori femminili sterili (Fioroni) e fiori femminili fertili o sterili (Fichi) a seconda della cultivar e fiori maschili.
Forse non tutti sanno la complessità dell’assetto fiorale del Fico. Infatti l’impollinazione dei fiori di questa antica pianta è alquanto complicata … vediamo perché.
Vi sembra complicato? Aspettate allora a sentire come avviene l’impollinazione!
Il responsabile è la Blastophaga psenes, un simpatico imenottero (un insetto simile alle api, per capirci) che sverna nelle MAMME dei caprifichi sotto forma di larva annidata nei fiori femminili sterili. In aprile le larve escono dai fiori e terminano il loro sviluppo. Le femmine adulte mentre girellano qua e la, vengono fecondate dai maschi ed escono dalle mamme e raggiungono i PROFICHI dove depongono le uova nei fiori femminili sterili. Le femmine di questa seconda generazione, una volta fecondate, escono dai profichi coprendosi del polline emesso dai fiori maschili e raggiungono i MAMMONI, andando a fecondare i loro fiori femminili fertili e deponendo le uova in quelli femminili sterili.
Le femmine di questa terza generazione, una volta fecondate, raggiungono i FICHI delle forme domestiche e visitando i siconi (il frutto del fico che conosciamo) alla ricerca di fiori femminili sterili in cui deporre le uova, impollinano i fiori femminili fertili … che vengono così CAPRIFICATI.. e non ridete, i nostri simpatici ed eccentrici botanici hanno così soprannominato questo lungo e intreccio.
Capito come si impollinano i fichi torniamo alle nostre zone dove il Dott. Francesco Minonne, che ha classificato molte nostre varietà di fico afferma che impiantando varietà autoctone (delle nostre zone) sarebbe possibile avere fichi freschi da giugno a settembre garantendo continuità al prodotto sul mercato.
L’Orto Botanico dell’Università di Lecce ha raccolto moltissime varietà di fico ed è disponibile a collaborare per realizzare un Orto Diffuso. Sarebbe meglio che le pubbliche amministrazioni prevedessero un Orto botanico nel loro territorio come se fossero i giardini pubblici. Sarebbe bello conservare nel verde pubblico le varietà raccolte dall’Orto Botanico dell’Università di Lecce e quelle eventualmente raccolte ne territorio di ogni comune.
Sono circa 80 le varietà di fico del Salento, per la maggior parte sconosciute ai più, che si possono ammirare grazie alla passione di un solo studioso: Francesco Minonne!
L’ho scritto e lo ripeto il trinomio territorio, cultura e comunicazione, è alla base del prodotto che proviene dalla terra, ed ecco perché sarebbe necessario per chi intendesse avventurarsi in questo settore lo studio, l’analisi e la comparazione di dati reali, per avere un chiaro quadro della situazione. Mi piacerebbe vederefichi della Terra di Lecce disposti in cassettini come fossero diamanti e offerti al mercato elegante e raffinato come la nostra gente. MI piacerebbe vedere in questo luogo di prelibatezze gustose tavoli occupati da decine di pomodori tutti diversi uno dall’altro con diametri che vanno da 1 a 15 cm e con colori che vanno dal rosso cupo al giallo canarino. Mi piacerebbe vedere il mercato delle Terre di Lecce pieno di vasetti di vegetali non particolarmente belli o profumati, ma dal sapore squisito, come lo sono tante "erbe" selvatiche le cui proprietà erano patrimonio della nostra cultura campestre e che ora attirano sia i produttori che i cuochi più attenti.
Chicchi d'uva, frutti di pesche, pere e prugne di una infinità di sfumature di colore e di sapore.
In attesa di questa bella notizia vi consiglio una passeggiata in automobile nelle strade della Provincia di Lecce che ai bordi hanno centinaia di alberi di fico. In questo periodo è possibile raccoglierli come se fosse la raccolta dei funghi allo stato selvatico. Naturalmente c’è da chiedere prima il permesso di raccogliere i fichi al proprietario dell’albero.
Vorrei che per la Terra di Lecce questo mese fosse un settembre dolce e succulento perché la Terra di Lecce deve divenire il giardino che è sempre stata dove si coltivino e si possono gustare le specie tipiche della nostra area di frontiera dove l’Oriente, il vicino Oriente si confonde nelle pieghe dei nostri mercati e tra queste piante del vicino Oriente posto di rilievo spetta al fico riscoperto dal Dott. Francesco Minonne. Questa tendenza attirerebbe giovani visitatori. Intanto per un assaggio tutti alla Masseria Ficazzana!
http://www.masseriaficazzana.it/il_valore_del_fico.asp
di Antonio Bruno
La mia storia del fico inizia a Calvello in provincia di Potenza quando per le proteste di un mio commilitone tale Giuanluigi Manni da Melissano fui comandato per il campo estivo in questa località sito di demanio militare dove l’Artiglieria Pesante Campale di cui io all’epoca facevo parte, poteva esercitarsi in vista di una non auspicabile quanto improbabile futura guerra.
Di sera in un camion militare un commilitone raccontava di un chicco d’uva che doveva passare un valico. Il valico era difeso da un Fico. Quando il chicco d’uva arriva vicino al valico chiede al fico “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!”. Il chicco d’uva però non vuole sentire ragioni e insiste: “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico più determinato di prima “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!”, ma il chicco d’uva non demorde “Fammi passare! Fammi passare!” e il fico sempre più arrabbiato “NON TI FACCIO PASSARE! NON TI FACCIO PASSARE!” a quel punto il chicco d’uva prende una pistola dalla tasca e spara al Fico!
ABBIAMO TRASMESSO ………..IL FICO SECCO………….. E L’UVA PASSA.
Risi di gusto a questa surreale storiella anche perché sia l’uva che il fico sono alimenti a me cari e vicini geograficamente e, di questi tempi in cui si suggerisce l’acquisto di prodotti che provengono dai campi a noi confinanti, la storiella si riempie di nuova e suggestiva attrattiva.
Negli anni 1940 – 45, quelli della guerra e della adolescenza dei miei genitori pare che l’unità di misura della fame fosse a tasche, perché il cibo si metteva nelle tasche di cortissimi pantaloncini e per placare la fame una tasca piena di fichi secchi bastava (nna pauta te fiche).
Il fico raccolto e messo al sole che lo faceva divenire secco era l’alimento facilmente conservabile nei recipienti di creta (capase) o nei vasi di vetro.
Ma ciò che ricordo è la raccolta dei fichi nella Masseria Pendinello di cui ho già scritto a proposito delle ficalindie.
E stato dall’11° all’8° millennio a.C. ovvero 13.000 anni fa che il fico è stato addomesticato nel Vicino Oriente e sembra essersi diffuso a velocità costante verso occidente. Da noi, in terra di Lecce, il passaggio ad economie agricole è testimoniato dalla presenza nei siti più antichi del Neolitico resti di Corbezzolo, nocciolo, ulivo, fico e vite, anche se allo stato selvatico, che furono oggetto di cure intensive ed esperimenti intensificati.
Rispetto all’origine del mondo 13.000 anni fa è un tempo recentissimo anche se per noi rappresentano un bel po’ di anni.
Il fico ha una bella famiglia qui da noi composta da gelso e more. Si perché fico, gelso e more sono tutti di una stessa famiglia.
Ma nella parentela stretta possiamo distinguere il fico comune (Ficus carica) carica deriva da Caria una regione della Turchia e quello selvatico (Ficus caprificus) che significa fico per le capre.
Il fico poi ha varie varietà che fruttificano una o più volte l’anno e quindi il fico può essere unifero, bifero e trifero.
Il fico Unifero produce solo a agosto settembre sui rami prodotti nella primavera. Il fico Bifero produce in giugno luglio i fioroni dalle gemme dei rami dell’anno precedente e i fichi ad agosto settembre sui rami prodotti nella primavera dell’anno. Il fico Trifero oltre alle prime due produzioni ne aggiunge un’altra ancora più tardiva.
Ma cos’è questo frutto del fico? E’ quel seme che ti capita tra i denti! Come? E quella sostanza deliziosa e zuccherina cos’è? E’ l’infiorescenza! Come una margherita! Il fico è un bel fiore…..in bocca! E se ti spunta un fiore in bocca è il fico!
Anzi: è il siconio del fico.
Si perché questa infruttescenza si chiama siconio e da questa infiorescenza è dipesa la vita di intere generazioni di antichi greci e romani. Era quindi necessaria una produzione abbondante e se vedete i nostri fichi producevano fino a 120 chili di frutti (siconi) ad albero, mentre quelli coltivati in nel nord Europa ne producono molto meno.
“Perché i frutticini di fico possono cadere?” “Bisogna mettere il caprifico in un ficheto per farlo fruttificare?”
Di fatto il fico ha un sistema riproduttivo estremamente complesso e affascinante, grazie anche ad una simbiosi con un imenottero che vive e si riproduce nei frutti di caprifico e sporadicamente va ad impollinare i fichi delle piante di fico domestico.
L'impollinazione delle differenti specie di Ficus è strettamente entomofila (ad opera di insetti e specificamente per il fico da un solo insetto).
Ma la faccenda si complica perché ogni specie ha un imenottero impollinatore specifico (appartenente alla famiglia delle Agaonidae) e quindi è facile intuire che ogni imenottero deposita le sue uova solo nel frutto di una distinta specie di Ficus.
A causa di questa rigida specificità il trapianto di una specie al di fuori del suo areale naturale genera, in assenza dello specifico imenottero impollinatore, esemplari sterili.
E se da uno specifico areale scompare una specie di fico, con essa scompare anche il suo imenottero perché il cui ciclo di sviluppo si svolge completamente all’interno del ricettacolo carnoso del siconio del fico.
Ma vediamo cosa accade il CAPRIFICOquello selvatico (Ficus caprificus) durante l’inverno ha delle infiorescenze che contengono solo fiori femminili abortiti, detti MAMME. In primavera i caprifichi producono altre infiorescenze dette PROFICHI che contengono fiori femminili abortiti e vicino alla parte più esterna dell'infiorescenza dei fiori maschili. Durante l’estate si producono altre infiorescenze dette MAMMONI che contengono fiori femminili sterili, fiori femminili fertili e fiori maschili.
Le forme coltivate del FICOfico comune (Ficus carica) producono invece due soli tipi di infiorescenze: i FIORONI in primavera e i FICHI d’estate che contengono rispettivamente fiori femminili sterili (Fioroni) e fiori femminili fertili o sterili (Fichi) a seconda della cultivar e fiori maschili.
Forse non tutti sanno la complessità dell’assetto fiorale del Fico. Infatti l’impollinazione dei fiori di questa antica pianta è alquanto complicata … vediamo perché.
Vi sembra complicato? Aspettate allora a sentire come avviene l’impollinazione!
Il responsabile è la Blastophaga psenes, un simpatico imenottero (un insetto simile alle api, per capirci) che sverna nelle MAMME dei caprifichi sotto forma di larva annidata nei fiori femminili sterili. In aprile le larve escono dai fiori e terminano il loro sviluppo. Le femmine adulte mentre girellano qua e la, vengono fecondate dai maschi ed escono dalle mamme e raggiungono i PROFICHI dove depongono le uova nei fiori femminili sterili. Le femmine di questa seconda generazione, una volta fecondate, escono dai profichi coprendosi del polline emesso dai fiori maschili e raggiungono i MAMMONI, andando a fecondare i loro fiori femminili fertili e deponendo le uova in quelli femminili sterili.
Le femmine di questa terza generazione, una volta fecondate, raggiungono i FICHI delle forme domestiche e visitando i siconi (il frutto del fico che conosciamo) alla ricerca di fiori femminili sterili in cui deporre le uova, impollinano i fiori femminili fertili … che vengono così CAPRIFICATI.. e non ridete, i nostri simpatici ed eccentrici botanici hanno così soprannominato questo lungo e intreccio.
Capito come si impollinano i fichi torniamo alle nostre zone dove il Dott. Francesco Minonne, che ha classificato molte nostre varietà di fico afferma che impiantando varietà autoctone (delle nostre zone) sarebbe possibile avere fichi freschi da giugno a settembre garantendo continuità al prodotto sul mercato.
L’Orto Botanico dell’Università di Lecce ha raccolto moltissime varietà di fico ed è disponibile a collaborare per realizzare un Orto Diffuso. Sarebbe meglio che le pubbliche amministrazioni prevedessero un Orto botanico nel loro territorio come se fossero i giardini pubblici. Sarebbe bello conservare nel verde pubblico le varietà raccolte dall’Orto Botanico dell’Università di Lecce e quelle eventualmente raccolte ne territorio di ogni comune.
Sono circa 80 le varietà di fico del Salento, per la maggior parte sconosciute ai più, che si possono ammirare grazie alla passione di un solo studioso: Francesco Minonne!
L’ho scritto e lo ripeto il trinomio territorio, cultura e comunicazione, è alla base del prodotto che proviene dalla terra, ed ecco perché sarebbe necessario per chi intendesse avventurarsi in questo settore lo studio, l’analisi e la comparazione di dati reali, per avere un chiaro quadro della situazione. Mi piacerebbe vederefichi della Terra di Lecce disposti in cassettini come fossero diamanti e offerti al mercato elegante e raffinato come la nostra gente. MI piacerebbe vedere in questo luogo di prelibatezze gustose tavoli occupati da decine di pomodori tutti diversi uno dall’altro con diametri che vanno da 1 a 15 cm e con colori che vanno dal rosso cupo al giallo canarino. Mi piacerebbe vedere il mercato delle Terre di Lecce pieno di vasetti di vegetali non particolarmente belli o profumati, ma dal sapore squisito, come lo sono tante "erbe" selvatiche le cui proprietà erano patrimonio della nostra cultura campestre e che ora attirano sia i produttori che i cuochi più attenti.
Chicchi d'uva, frutti di pesche, pere e prugne di una infinità di sfumature di colore e di sapore.
In attesa di questa bella notizia vi consiglio una passeggiata in automobile nelle strade della Provincia di Lecce che ai bordi hanno centinaia di alberi di fico. In questo periodo è possibile raccoglierli come se fosse la raccolta dei funghi allo stato selvatico. Naturalmente c’è da chiedere prima il permesso di raccogliere i fichi al proprietario dell’albero.
Vorrei che per la Terra di Lecce questo mese fosse un settembre dolce e succulento perché la Terra di Lecce deve divenire il giardino che è sempre stata dove si coltivino e si possono gustare le specie tipiche della nostra area di frontiera dove l’Oriente, il vicino Oriente si confonde nelle pieghe dei nostri mercati e tra queste piante del vicino Oriente posto di rilievo spetta al fico riscoperto dal Dott. Francesco Minonne. Questa tendenza attirerebbe giovani visitatori. Intanto per un assaggio tutti alla Masseria Ficazzana!
http://www.masseriaficazzana.it/il_valore_del_fico.asp
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