2mila anni di Olivi del Salento leccese
di Antonio Bruno*
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Come mai delle 538 varietà di olivo presenti in Italia solo 2 si sono affermate nel Salento leccese? Ci sono altre varietà di olivo? Dove si possono andare a vedere? In questa nota le osservazioni di un Dottore Agronomo.
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E’ bello vivere in una terra che è stata calpestata dai sandali dei Greci di duemila anni fa. Già! I Greci osservavano e poi scrivevano, e i loro scritti sono giunti sino ai mie occhi, che hanno potuto osservare la linea che si torce per formare i simboli che nella mia mente si trasformano in significati ed immagini vecchie di duemila anni.
Io e te che mi leggi possiamo osservare la realtà di duemila anni fa registrata dai nostri antenati. Ma ci pensi? Non è meraviglioso? Un greco di nome Strabone che è nato ad Amasea verso il 58 a.C , e che è stato un geografo antico, è venuto nel Salento leccese! Lo so perché ho letto la sua descrizione del territorio in cui vivo. E’ un privilegio accedere alla percezione di un uomo di duemila anni fa, che scrive descrivendo il Salento leccese come un territorio in cui gli abitanti erano molto laboriosi al punto di essere riusciti a coltivare il frumento e altre piante nonostante l’asprezza dei terreni caratterizzati dalla presenza di sassi. Interessante il riferimento di Strabone alla mancanza di acqua nel nostro territorio del quale però ammirò i bei pascoli e la presenza di alberi.
Sono passati 2.000 anni e, nonostante l’opera devastatrice fatta dagli uomini, questo paesaggio conserva intatta la sua bellezza che affonda le sue radici nella millenaria presenza dell’albero di olivo, meglio sarebbe scrivere della “foresta degli ulivi del Salento leccese”.
Luciana Baldoni, referente per la tematica “Caratterizzazione varietale” del progetto Olviva e ricercatrice presso l’Istituto di Genetica Vegetale – CNR, sezione di Perugia afferma che oggi sono individuabili nel nostro Paese 538 varietà di olivo che rappresentano circa il 42% del patrimonio mondiale. Ma sempre dalla stessa ricercatrice apprendiamo che l’olivicoltura italiana si basa al 90% dei casi su sole 50 varietà, ed io aggiungo che quella del Salento leccese si basa su solo due varietà: l’Ogliarola di Lecce e la Cellina di Nardò.
L’Ogliarola di Lecce vegeta e produce in maniera soddisfacente anche se la sua produttività è variabile a seconda degli anni sino a divenire in alcuni scarsa. La Cellina di Nardò, detta anche Saracena, ha un contenuto in olio inferiore rispetto all’Ogliarola di Lecce ma ha una produzione costante negli anni tanto da renderla molto presente nel nostro ambiente.
Questa cultivar di olivo si affermò durante la gravissima crisi che alla fine del 1800 inizi ’900 attraversò l’olivicoltura del Salento leccese non per problemi di mercato ma per le avversità, e tra queste specialmente dalla Brusca parassitaria, causata da un fungo appartenente alla divisione Ascomiceti (Stictis panizzei).
La Cellina di Nardò si affermò nel Salento leccese perché durante quell’epidemia risultò essere maggiormente resistente alla Brusca.
Ma dopo duemila anni di olivicoltura come mai si sono affermate solo queste due varietà? Possibile che nel corso degli anni nessuno abbia tentato di introdurne di nuove?
Giovanni Presta nel 1792 scriveva di aver introdotto la razza di olivo infrantoio, il morajolo e il coregiuolo dalla Toscana che producevano olive sin dal terzo anno. Sempre il Presta riferisce di innesti da lui effettuati con la licinia (Aurina) e con la sergia (Resciola) di Venafro.
Verso la fine dell’800 il Barone Adolfo Colosso nell’azienda Capeselle in agro di Ugento del Salento leccese realizzò degli oliveti con le cultivar toscane, calabresi e baresi di cui riferisce il prof. Giacinto Donno in una sua pubblicazione del 1969 affermando che quelle piante erano ancora viventi in quel fondo ma che si presentavano striminzite, poco produttive e con poca resistenza ai parassiti.
Sempre alla fine dell’800 ci furono tentativi di introduzione di nuove varietà di olivo nel territorio da parte del Sig. Modoni in agro di Palmariggi del Salento leccese e del Sig. Licci in agro Ruffano ambedue i tentativi fallirono.
Ma come sempre c’è l’eccezione, e nel Salento leccese tale si può definire la collezione di cultivar di olivo realizzata nell’azienda agricola dell’Istituto Tecnico Agrario Giovanni Presta di Lecce sulla via per San Pietro in lama e accanto al parco Archeologico dell’antica Rudiae.
Nel 1930 l’allora Preside Prof. Saverio Jovino collezionò 85 cultivar provenienti da tutta Italia. Queste piante di olivo sono ancora oggi ammirabili sul viale che congiunge l’Istituto Tecnico Agrario con l’Alberghiero che ha sede nel vecchio tabacchificio dell’Istituto.
Lo stato delle piante è tale che non escludono la possibilità di diffondere nel Salento leccese nuove cultivar di olivo.
Le piante di olivo oggi hanno 80 anni e per questo motivo sarebbe interessante osservarne le condizioni e verificandone la produzione, lo scrivo sperando che l’Orto Botanico della Facoltà di Biologia dell’Università del Salento se ne occupi al più presto, invierò questa mia nota alla Prof.ssa Rita Accogli, al Prof. Piero Medagli e al Dott. Agr. Fabio Ippolito che si occupano a tempo pieno e con grande successo dell’Orto Botanico.
Un ultima annotazione sulla Cellina di Nardò che oltre ad essere utilizzata per ottenere l’olio dopo essere state dolcificate si conservano in Salamoia in particolari recipienti di creta detti Capase.
Tutti noi del Salento leccese mangiamo queste olive accompagnandole con il pane oppure in un pane che tutti sappiamo si chiami “Puccia” ottenuto mescolando alla pasta poco lievitata le olive celline e poi cuocendo il tutto nel forno ottenendo la puccia oleata che oggi troviamo disponibile in tutte le panetterie del Salento leccese ma che un tempo veniva preparata in occasione del 7 dicembre che tutti sappiamo essere la vigilia della festa dell’Immacolata.
Pane, vino e olio d’oliva sono la base della Dieta Mediterranea che il comitato intergovernativo dell'Unesco riunito a Nairobi il 16 novembre 2010 ha definito Patrimonio immateriale dell’UNESCO.
Tutto sappiamo che è scientificamente accertato che la vera forza della Dieta mediterranea sta nei benefici che essa apporta sul fronte cardiovascolare e tumorale. E' ormai condiviso a tutti i livelli che il modello mediterraneo è l’unico rivelatosi vincente contro buona parte dei fattori di rischio che predispongono all’insorgenza delle principali patologie croniche del nostro secolo. Il consumo mondiale dell’olio d’oliva ha crescita media annuale del 9,2%. I consumi dell’olio d’oliva sono cresciuti all'incirca della stessa grandezza nei paesi economicamente più evoluti dove l'aumento negli ultimi 10 anni è stato considerevole. Negli Usa e in Canada il consumo é raddoppiato, in Giappone si è avuta una crescita di sette volte, in Gran Bretagna e Francia il consumo
quintuplicato ed in Germania è più che triplicato.
Allora che aspettiamo? Negli 85mila ettari della foresta degli olivi del Salento leccese ci sono circa 9 milioni di alberi d’olivo ognuno dei quali produce in media circa 40 chili d’olio. Nel nostro territorio produciamo 360 milioni di chili d’olio d’oliva ovvero 3 milioni e 600mila quintali. Quest’olio d’oliva del Salento leccese è l’ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, l’alimento funzionale che guarisce dalle principali patologie croniche del nostro secolo, spetta adesso a noi farlo sapere a tutti affinché facendo il bene delle persone umane contribuiamo alla ricchezza del nostro territorio!
Bibliografia
Alberto Grimelli: Tra più di cinquecento varietà d’olivo quale scegliere?
Antonio Bruno: Un manipolo di custodi del creato http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2010/05/un-manipolo-di-custodi-del-creato.html
Alberti F. Leandro: Descrittione di tutta l’Italia e isole pertinenti ad essa Venetia, 1577
Giacinto Donno: Aspetti e problemi della ristrutturazione olivicola nella provincia di Lecce
Alessandra Miccoli: La coltivazione dell’ulivo tra passato e presente
Istituto Sperimentale per la Olivicoltura – Rende (CS): DATI STATISTICI SULL’OLIVICULTURA E SULL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA PUGLIESE
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